JOB ACT … SI, NO? MAH. La Corte di Cassazione modifica, in pochi mesi, il precedente orientamento
I due regimi diversi (pubblico e privato) che secondo illustri avvocati giuslavoristi rappresentano una disuguaglianza, una discriminazione insostenibile anche da un punto di vista costituzionale, deve essere eliminata? Bene!
E così se da un lato i dipendenti pubblici potranno essere soggetti alle norme sul job act, dall’altro lato potrà prevedersi la 14a mensilità, l’anticipo del TFR, il rinnovo tempestivo dei contratti adeguati al costo della vita (l’ultimo rinnovo contrattuale risale al 2009), il salario accessorio commisurato al merito ed alla produttività, la piena responsabilità decisionale dei dirigenti (che non deve limitarsi ad attuare le direttive del Superiore Ministero, della Funzione Pubblica, dell’ARAN che esprimono nella maggior parte dei casi pareri non vincolati), la previsione di una tempistica da rispettare nell’applicazione degli accordi e, in caso di mancato rispetto, un’adeguata sanzione per i dirigenti responsabili. Perfino la Corte dei Conti, nella relazione del 2016 giunge ad auspicare ”che la contrattazione collettiva affronti i nodi irrisolti del pubblico impiego (…)”. Il rischio da evitare, aggiunge la Corte dei Conti, “è quello di una contrattazione minimale che, anche in relazione alla scarsità delle risorse disponibili, si limiti a prevedere incrementi indifferenziati sulle sole componenti fisse della retribuzione”.
Pare che sia difficile da capire che i dipendenti pubblici non sono privilegiati fannulloni, siamo disponibili al cambio delle regole ed al loro pieno rispetto … di tutte!
Il Segretario Generale
(Claudia Ratti)